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impianto elettrico a norma di legge

Come avere un impianto elettrico a norma di legge e la dichiarazione di conformità

Ormai da circa 30 anni si parla di impianti a regola d’arte e di dichiarazione di conformità. Tutto ha avuto inizio con la legge 46 del 1990 , legge che si poneva l’obiettivo di regolamentare l’installazione degli impianti all’interno dei locali, e che nel 2008 è stata sostituita dal DM 37/08. Nonostante ciò ancor oggi vengono realizzati impianti elettrici da soggetti non qualificati, quindi senza certezza che siano state seguite le giuste norme di settore.

Ma perché è importante affidare la realizzazione di un impianto elettrico ad una ditta abilitata ai sensi del DM 37/08?

Sottoponiamo questa domanda all’Ing. Antonino Vento del portale impianti.tech, che risponde con quanto riportato di seguito.

Un impianto elettrico a norma di legge è visto solo come un inutile costo

Purtroppo ancora oggi la “dichiarazione di conformità è vista come un costo, il cliente finale pensa che l’impianto costi di più solo perché viene fornito quel “pezzo di carta, cioè in parole povere non viene percepita il maggior grado di sicurezza di un impianto elettrico a regola d’arte.

La sicurezza percepita e quella reale

Un impianto elettrico ha lo stesso aspetto esteriore, indipendentemente che si a regola d’arte no. Cioè il cliente finale, una volta scelta la serie di interruttori e prese da far installare all’impiantista, vedrà solamente queste parti dell’impianto, senza poter capire se quest’ultimo sia a norma o no.

Le differenze tra un buon impianto ed uno pessimo non sono visibili ad occhio, poiché queste sono incassate nelle pareti: mi riferisco alle tubazioni e ai cavi, nonché le connessioni nelle casette di derivazione.

La scelta ed il dimensionamento della rete di distribuzione fa la differenza in termini di sicurezza e di prezzo.

Collegare 5,6, 7 prese in cascata riduce i costi dell’impianto, ma è fuori norma e pericoloso.

Creare una linea principale per le prese è economico (risparmio sui cavi e sulle tubazioni) ma può non essere sufficiente ai fini dell’affidabilità e continuità dell’impianto (la linea potrebbe surriscaldarsi e provocare incendi, oppure un guasto su un’apparecchiatura metterebbe fuori servizio tutte le prese elettriche dell’impianto).

Potrei continuare con gli esempi, ma penso che questi due bastino a far capire che, un eventuale sovrapprezzo di un impianto realizzato da una ditta qualificata non è legato solo i costi di oneri previdenziali e accise, ma è legato anche all’adozione di soluzioni impiantistiche che comportano maggior costi per l’acquisto di materiali e per il numero di ore impiegate in campo.

Il risparmio iniziale può ripercuotersi sul valore dell’immobile

Risparmiare sul costo dell’impianto elettrico può generare costi futuri se si pensa di vendere l’immobile o affittarlo, infatti, l’assenza della dichiarazione di conformità, cioè il documento che attesta che l’impianto elettrico è a regola d’arte, blocca le operazioni di vendita o affitto dell’immobile.

Non potendo provare che gli impianti sono a regola d’arte è inevitabile il deprezzamento dell’immobile: infatti chi subentra dovrà chiamare una ditta qualificata, far controllare l’impianto e spendere per metterlo a norma.

In fase di compravendita, sicuramente l’importi decurtati saranno pari al costo di realizzazione di un impianto nuovo, ed e quindi facile per un appartamento di dimensioni medie perdere 2000-3000€, fino ad arrivare a decine di miglia di euro per i locali ad uso commerciale ed industriale (magari l’impianto è buono, ma non c’è nessun documento che attesti ciò).

In caso di affitto?

Qui la situazione si complica, certo non è possibile trasferire quest’onere all’inquilino. Quindi bisogna incaricare una ditta, che farà un sopralluogo ed individuerà le parti dell’impianto sulle quali intervenire. A lavori ultimati rilascerà una dichiarazione di conformità degli interventi che ha realizzato.

Quindi in conclusione, quel 10-15% risparmiato affidando la realizzazione dell’impianto ad un soggetto non qualificato, genererà costi di gran lunga superiori (spesso pri all’importo di realizzazione di un impianto nuovo) al momento di vendere o affittare l’immobile.

Conclusioni

Come si può evincere da quanto detto, la normativa sulla regola d’arte, non ha come obiettivo quello di generare tonnellate di carta e maggior oneri per il cittadino, ma le condizioni per aumentare la sicurezza degli ambienti in cui viviamo e lavoriamo, perché purtroppo molti incedenti, anche mortali, derivano dall’utilizzo dell’energia elettrica.

Guida alla scelta del videocitofono

Guida alla scelta del videocitofono

La scelta del videocitofono è un momento cruciale per chiunque stia per completare una ristrutturazione o voglia, più semplicemente, rendere più sicura la propria abitazione. Una rapida guida alla scelta del videocitofono potrebbe aiutare nell’impresa di fare chiarezza e ponderare meglio gli acquisti.
Premesso che è impossibile addentrarsi nei tecnicismi e in tutto ciò che ha a che vedere con cablaggi, impianti e collegamenti interni (per i quali sarebbe meglio affidarsi a un tecnico elettricista preparato e qualificato in impianti di videosorveglianza, che possa analizzare in loco la situazione),  possiamo suggerire alcuni trucchi per scegliere il videocitofono ideale dal punto di vista puramente funzionale.

 

Guida alla scelta del videocitofono: consigli per l’acquisto

Come ci spiega Emmebistore, azienda specializzata in sistemi di videosorveglianza e videocitofoni, i videocitofoni di buona qualità devono essere robusti e in grado di resistere alle intemperie senza che venga compromessa la qualità audio/video che sono in grado di restituire all’osservatore che li utilizza.

Per scegliere un videocitofono è inoltre necessario considerare:

  • Il numero delle pulsantiere: ovvero il numero di apparecchi da applicare all’esterno. Quanti devono essere? Dipende dal numero di ingressi dell’abitazione. Se ci sono porte sul retro, sarà necessario optare per 2 o più pulsantiere;
  • Il numero di comandi interni per la risposta: se l’appartamento che il videocitofono dovrà servire è piccolo o strutturato su un piano soltanto, ne basterà uno. In caso contrario sarebbe suggeribile prevedere un comando interno per ogni piano dell’abitazione o per ogni vano molto frequentato (es. cucina e camera da letto);
  • La tipologia dei comandi interni: in molte villette multi-familiari convivono nello stesso appartamento l’anziana nonna e, ad esempio, i giovanissimi nipoti. In base alle aree frequentate maggiormente da ambo i soggetti, risulterà utile predisporre sia comandi interni con monitor funzionali e tecnologici, che soluzioni più semplici e pratiche, intuitive, come i classici comandi interni con cornetta. Questo consentirà, all’interno della stessa struttura abitativa, di far coesistere la tecnologia più avanzata con la semplicità d’uso, perfetta per chi, con la tecnologia, non ci va molto d’accordo;
  • L’eventuale acquisto di sistemi di split: gli splitter di risposta consentono di aprire singolarmente, ad esempio, il cancello d’accesso al garage e il portone d’ingresso. Se assenti e non previsti nell’impianto, l’eventuale apertura di una porta scatenerà inevitabilmente anche l’apertura degli altri ingressi, di qualunque tipo essi siano. Se la soluzione abitativa prevede doppia porta o porta + garage, meglio dunque affidarsi a un buono splitter del segnale così da poterle governare singolarmente.